E’ una città immensa, quasi 20 milioni di abitanti. Chi crede che Roma, Londra o Sydney siano grandi città venga a São Paulo. Essendo cresciuta a dismisura negli ultimi 50 anni è caotica, senza un piano regolatore comprensibile, piena di condomini altissimi tipo alveari e altrettante favelas, che però, al contrario di Rio, sono invisibili a meno che uno non ci passi davanti e concentrate nella grande periferia. E’ ovviamente una città brasiliana ma anche una città italiana. L’emigrazione italiana, iniziata verso la fine dell’ottocento, è stata massiccia e la maggioranza assoluta della popolazione è di origine italiana, tanto che un ex governatore dello stato di São Paulo ha detto: se tutti gli italiani che vivono qui mettessero alla finestra la loro bandiera, dall’alto São Paulo sembrerebbe una città italiana. E questo si vede da tante cose: a parte la più ovvia, la cucina, anche i volti della gente, l’architettura di alcuni quartieri (sembra di stare a Roma), i nomi sui negozi, i nomi delle strade, dei giornalisti e personaggi televisivi e l’accento locale. I brasiliani dicono che il portoghese di São Paulo è molto influenzato dall’italiano, sia nella parlata, sia nel vocabolario (al telefono dicono “pronto” invece di “alò”, cazzo è una parolaccia diffusa, la “r” è quella italiana e non quella “francese” degli altri brasiliani, eccetera). Comunque non ci sono solo gli italiani: è pieno di giapponesi, giunti qui più meno nello stesso periodo degli italiani, siriani e libanesi, coreani e cinesi, ebrei, polacchi, tedeschi, spagnoli e ovviamente portoghesi e neri. E’ su un altopiano di 800 metri, quindi ha un clima completamente diverso da quello afoso di Rio. D’inverno pare che faccia addirittura freddo e piove molto in tutte le stagioni. C’è un traffico della Madonna. Ci sono diversi viali grandi, ma soprattutto al centro sono tutte stradine in salita/discesa tipo Monteverde a Roma. La città è comunque (apparentemente) ben servita da autobus e metropolitana e da una marea di taxi. Non c’è molto da vedere (São Paulo è a una settantina di km dalla costa, ha due fiumacci bruttarelli e non c’è mare, né monumenti di nota), ma per chi ha voglia c’è molto da fare: è veramente pieno di ristoranti, locali con musica dal vivo, musei, mostre, centri commerciali, cinema, teatri, eccetera. Oggi sono stato al Museo della lingua portoghese. Molto interessante: modernissimo, con audiovisivi e multimedia, pannelli luminosi e computer touch screen, spiega la storia della lingua dalle sue origini neolatine all’arrivo in Sud America e alla contaminazione con le lingue indigene, quelle degli schiavi africani e poi quelle degli emigranti (vedi italiano). Ananas, ad esempio, qui si dice abacaxi (pronunciato abacascì), parola indigena, bagunça (confusione) viene da una lingua africana, brachola inutile che lo dico, eccetera. Sono parole che nel portoghese di Lisbona non esistono. A São Paulo ho anche rivisto tre miei cugini coetanei del ramo che emigrò in Brasile da Cesena negli anni 1910 (Ricardo, Lincoln e Dante Lucchi) e stabilito il primo contatto con un altro ramo che ho conosciuto per caso quando un’altra cugina (Andréa Lucchi) mi ha trovato su facebook. Andrea è figlia di Aìlton Lucchi, che fra l’altro somiglia a mio padre, e pronipote di Celso Lucchi, un altro fratello di mio nonno di cui ignoravo l’esistenza. E’ stato divertente. Andréa mi ha invitato a vedere uno spettacolo di danza classica di cui lei curava la regia (è stata ballerina classica e coreografa) insieme alla sorella. Mi ha riconosciuto subito (per le foto su facebook, suppongo) e poi siamo andati a cena in una pizzeria (quelli di São Paulo sostengono di fare la miglior pizza del mondo - come quelli di New York e Buenos Aires, del resto, ma non se ne parla neanche). In pizzeria c’era praticamente tutta la famiglia. Aìlton parla il portoghese italianizzato del quartiere di Mooca, ma non l’italiano, come il resto della famiglia. Sono stati molto simpatici e gentili. E’ stato piacevole averli conosciuti e aver messo al suo posto un altro tassello dell’albero genealogico. Mi hanno anche raccontato alcuni retroscena divertenti della famiglia Lucchi in Brasile. A quanto pare tutti hanno fatto fortuna, mentre i Lucchi rimasti in Italia un po’ meno… Andréa, che non fa più la coreografa ma la psicologa (bel salto), viaggia molto e non è detto che non ci si riveda, magari in Italia o in Australia.
Ma zoccole ce ne sono?
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