Nell'ultima settimana sono sempre arrivato in albergo tardi, stanco e senza molta voglia di aggiornare il blog. Ripariamo.
L'arrivo a Buenos Aires. Sono uscito dal traghetto, ho preso un taxi e mi sono trovato un albergo in centro, sulla Avenida de Mayo, fra Plaza de Mayo e la Casa Rosada, vicino all'Obelisco. Ho mangiato una cotoletta che col senno di poi non doveva essere il massimo, perche´ ho passato i due giorni successivi... al cesso! Ho comunque avuto il tempo di fare un giro sul pullman turistico, che ferma in tutte le attrazioni principali della citta´, dalla Boca a Palermo, dove ho fatto le foto di prammatica. Mi e´piaciuta molto la riserva naturale, una sorta di immenso parco/polmone verde fra il centro e la costa, dove ho visto molti uccelli, una megalucertolona e tanto verde. Poi ho affittato la macchina: una Volkswagen Gol, un modello che non credo esista in Europa, una via di mezzo fra Golf e Polo. Affittare la macchina in Argentina costa molto, circa 55 euro al giorno, ma non avevo alternative se volevo, come voglio, girarmi la Patagonia a mia discrezione. Che dire di Buenos Aires? C'ero gia´stato, quindi l'ho girata in fretta. E' una metropoli immensa, 12 milioni di abitanti, e il centro e´ stato pensato come una specie di Parigi sudamericana. Ci sono molti edifici in chiaro stile parigino, grandi viali alberati e quartieri residenziali molto belli, e si vede che una volta l'Argentina era un paese ricco, orgoglioso e in crescita. Ora lo e´ molto meno, anche se gli argentini, e gli abitanti di Buenos Aires in particolare, sono tuttora molto orgogliosi. E' anche chiaro che gli argentini, volendo costruire Buenos Aires in questo stile, abbiano voluto chiarire al resto del mondo che non si sentono sudamericani, ma europei in trasferta. Il resto dei sudamericani questo non glielo perdona e le barzellette sulla presunzione degli argentini si sprecano. Uscire da Buenos Aires e´ stato piu´ facile di quanto credessi. Alla fine della Avenida 9 de Julio inizia l'autostrada che porta a Rosario, al nord, o a Mar del Plata, a sud. Volevo andare a sud, ma il portiere dell'albergo mi ha convinto invece a fare il giro contrario, ovvero Rosario, la Pampa e la Patagonia andina. Dopo circa tre ore sono arrivato a Rosario, la terza citta´del paese, con un milione e mezzo di abitanti, sul fiume Parana´. Devo aprire una parentesi per spiegare come guidano gli argentini. Come gli pare. Ci sono limiti di velocita´, fra l'altro abbastanza alti (130), ma tutti, ribadisco: TUTTI, guidano a velocita´ folli. Io, che come straniero rispetto tutti i limiti per evitare contatto con la polizia, sono stato superato da tutte la macchine sull´autostrada. E' come in Italia: ti abbagliano e corrono a 180-200. Anche quando i cartelli dicono: centro abitato, rallentare, o cose del genere. Bisogna dire che le strade sono buone, mille volte meglio che in Brasile, e non ho mai visto un incidente, quindi si vede che sanno guidare bene, pero´ corrono come se fossero a un gran premio di Formula 1.
A Rosario ho contattato la sorella di un mio amico argentino che vive a Sydney, German, che abita col marito e i figli nel quartiere italiano. Lei si chiama Autino, piemontese, lui Scialfa, di chiara origine siciliana. Abbiamo fatto un barbecue nel club italiano. Sono rimasto un giorno in piu´del previsto perche' mi hanno invitato a cena e ci siamo subito trovati bene. Lui gestisce una radio internet. Qui si mangia dalle 22 in poi, prima i ristoranti sono vuoti. Mangiare costa poco. Una cotoletta con patatine e una birra li paghi 5-7 euro. Rosario e´ una bella citta´, molto diversa da Buenos Aires. E´ sul fiume Parana´, un fiume immenso, praticamente non si vede l'altra riva, e Rosario e´ costruita solo sulla riva ovest. Il centro e´ cosi´ cosi´, strade a croce senza troppa personalita', mentre la parte in riva al fiume e´ molto bella, piena di parchi, zone aperte ed edifici moderni. Prima di partire per il Sud ho deciso di comprare un navigatore: sono andato in un centro commeciale e l'ho preso. Il piu' economico costava circa cento euro. Ha anche la voce in italiano e funziona bene. Devo dire che mi e' servito molto, soprattutto per entrare e uscire dalle citta´, che e´ ovviamente la cosa piu' complicata. Insomma, sono partito da Rosario e mi sono diretto verso sud, sulla statale 33. Prima fermata: Piedritas, di cui parlero´ nel prossimo post. Grazie per l'attenzione.
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martedì 28 dicembre 2010
lunedì 20 dicembre 2010
Montevideo e Colonia del Sacramento
Come dicevo nell'ultimo post, una giornata di sole cambia completamente la prospettiva di una città vista inizialmente sotto la pioggia e col freddo. Ho passato l'intera giornata a camminare per Montevideo, sia per motivi di piacere che di dovere, per così dire. Prima cosa: cercare di riparare il cellulare o comprarne uno nuovo e trasferire i dati. Su internet ho cercato i riparatori di cellulari del centro di Montevideo, me li sono segnati su un pezzo di carta... e me li sono fatti tutti. Erano praticamente tutti sulla 18 de Julio, la strada principale della città. Come spesso accade, solo il decimo mi ha detto che si poteva fare e subito (cosa essenziale per me). Gli altri o non sapevano che pesci prendere o mi davano prezzi assurdi o mi dicevano: okay, ce lo lasci e ripassi fra una settimana. Quando avevo perso le speranze, ne ho trovato uno al n. 2220 della strada (per dare un'idea, ero partito dal numero 1) che ha detto: okay, ripassi fra un'oretta che è pronto: 100 dollari. Sì, perché ho scoperto che in Uruguay hanno corso legale sia il peso locale (1 euro = 27 pesos) sia il dollaro americano. Tanto che quando ho detto alla tipa che non avevo dollari americani, mi ha risposto: vada in qualunque bancomat a prenderli. Detto fatto: nei bancomat puoi scegliere se vuoi pesos o dollari. Mentre aspettavo sono andato a tagliarmi i capelli. Il barbiere, appena ha scoperto che sono italiano, mi ha raccontato la storia dell'Uruguay e mi ha fatto i complimenti per il mio spagnolo.
Risolta la faccenda telefono (lo so: 100 dollari, però non avevo scelta, e poi dove lo trovi, in qualunque parte del mondo, uno che te lo fa in un'ora? Neanche se è amico tuo) ho potuto fare il turista e mi sono girato la città vecchia e tutto il lungomare, che devo dire è molto bello. Montevideo sembra davvero un po' Barcellona e un po' Bari, anche se il lungomare è molto simile a quello di Copacabana, a Rio de Janeiro. Essendomi fatto una decina di chilometri a piedi, verso le 10 mi sono accomodato a letto.
Il giorno dopo, prima di partire per Colonia del Sacramento, ho visto Miguel, un amico del collega della SBS Ruben Fernandez, che mi ha portato al museo del football allo stadio Centenario e poi sulla costa nord di Montevideo, nel quartiere di Carrasco, che è la zona in della città. Alle 14,30 ho preso il pullman per Colonia, dove sono arrivato due ore dopo. Ho trovato un alberghetto e poi in giro per la cittadina. Colonia (20mila abitanti) è stata fondata dai portoghesi nel 1680 come avamposto per commerciare con la colonia di Buenos Aires, che è di fronte, separata dal Rio della Plata (che in questo punto di estuario è largo 50 km). Anche se parte degli edifici è nel frattempo crollata, Colonia ha ancora una bellissima atmosfera coloniale, stradine di ciottoli con case antiche (molte restaurate e abitate) di tutti i colori, spiagge carine e, alla sera, si vedono le luci di Buenos Aires all'orizzonte, dall'altra parte del Rio della Plata (su facebook ci sono le foto). Ci sono rimasto due giorni e poi ho preso il traghetto per l'Argentina, dove sono adesso.
Risolta la faccenda telefono (lo so: 100 dollari, però non avevo scelta, e poi dove lo trovi, in qualunque parte del mondo, uno che te lo fa in un'ora? Neanche se è amico tuo) ho potuto fare il turista e mi sono girato la città vecchia e tutto il lungomare, che devo dire è molto bello. Montevideo sembra davvero un po' Barcellona e un po' Bari, anche se il lungomare è molto simile a quello di Copacabana, a Rio de Janeiro. Essendomi fatto una decina di chilometri a piedi, verso le 10 mi sono accomodato a letto.
Il giorno dopo, prima di partire per Colonia del Sacramento, ho visto Miguel, un amico del collega della SBS Ruben Fernandez, che mi ha portato al museo del football allo stadio Centenario e poi sulla costa nord di Montevideo, nel quartiere di Carrasco, che è la zona in della città. Alle 14,30 ho preso il pullman per Colonia, dove sono arrivato due ore dopo. Ho trovato un alberghetto e poi in giro per la cittadina. Colonia (20mila abitanti) è stata fondata dai portoghesi nel 1680 come avamposto per commerciare con la colonia di Buenos Aires, che è di fronte, separata dal Rio della Plata (che in questo punto di estuario è largo 50 km). Anche se parte degli edifici è nel frattempo crollata, Colonia ha ancora una bellissima atmosfera coloniale, stradine di ciottoli con case antiche (molte restaurate e abitate) di tutti i colori, spiagge carine e, alla sera, si vedono le luci di Buenos Aires all'orizzonte, dall'altra parte del Rio della Plata (su facebook ci sono le foto). Ci sono rimasto due giorni e poi ho preso il traghetto per l'Argentina, dove sono adesso.
lunedì 13 dicembre 2010
Montevideo
Purtroppo non ho tempo di scrivere, c'e' la fila per il computer all'hotel, ma Montevideo mi piace molto. E' sicuramente la citta' piu' vivibile e piacevole che ho visitato finora in Sud America.
E una giornata di sole, calda ma non troppo, cambia completamente la prospettiva. A presto per i dettagli e le foto.
E una giornata di sole, calda ma non troppo, cambia completamente la prospettiva. A presto per i dettagli e le foto.
domenica 12 dicembre 2010
Prime ore a Montevideo
La partenza stamattina da Punta del Diablo e' stata traumatica. Un freddo cane e pioggia. L'ostello e' a circa un chilometro dalla fermata dei pullman e quindi ho ringraziato mentalmente mia cugina Opi che mi ha regalato un K-Way il giorno prima di partire (Grazie Opi!). L'autobus e' arrivato puntuale, alle 9.20, ma era pieno, per fortuna il mio posto era numerato (avevo comprato il biglietto il giorno prima), quindi mi sono potuto sedere. Non era un espresso e si e' fermato in tutte le cittadine, da Punta del Diablo fino a Montevideo, ma e' stato utile per vedere un po' di realta' uruguayana. Le cittadine sono tutte ad architettura bassa, massimo due piani, quindi molto estese, relativamente parlando, ma invisibili fino a quando non ci si arriva. Sembrano tranquille e pulite, niente a che vedere con il Brasile, e niente cancelli a punteruoli o fili spinati e perimetri elettrici per proteggere le abitazioni, che in Brasile sono la regola. Si capisce che e' un paese tranquillo. Sul pullman mi sono addormentato. Mi sono svegliato alla periferia di Montevideo alle 14, quando e' arrivato il pullman. Quando sono sceso: ancora piu´ freddo, ho dovuto tirar fuori il maglione. Qui in teoria dovrebbe essere piena estate, ma quando arrivano le perturbazioni con aria fredda dall'Antartide non c'e' estate che tenga. Nonostante il cellulare con lo schermo nero sono riuscito a chiamare il numero di telefono di un hotel segnalato sulla guida Lonely Planet, ci sono andato con un taxi (il tassista era figlio di napoletani, qui in Uruguay una persona su tre e' di origine italiana) ed eccomi qua. Ha smesso di piovere e mi sono fatto una passeggiata per il centro di Montevideo, piu' che altro con l'occhio ai negozi di cellulari per tentare di far riparare il mio domani (oggi e' domenica) e mi sono mangiato una "milanesa al plato" (cotoletta alla milanese con le patatine fritte) con birra in un ristorante della strada principale, la 18 de Julio. In tv c'era l'ultima giornata del campionato argentino, per la cronaca ha vinto l'Estudiantes, battendo 2-0 l'Arsenal. Ma faceva troppo fredo per continuare la passeggiata, quindi quando ha fatto buio (alle 21.15) sono tornato in albergo a scrivere questo aggiornamento.
sabato 11 dicembre 2010
Punta del Diablo – Uruguay
L’arrivo è stato avventuroso. Sono partito da Porto Alegre in pullman e l’itinerario prevedeva discesa a Chuy, subito dopo la frontiera fra Brasile e Uruguay alle 5 della mattina. Da lì il piano era aspettare nella stazione dei pullman che aprissero i negozi, o trovare un bancomat, cambiare i soldi e comprare un biglietto per Punta del Diablo, che è a una quarantina di chilometri. Il problema è che l’autobus mi ha lasciato alla fermata, che sta già in Uruguay, in un posto deserto, con solo la caserma della dogana. Essendo le cinque era anche buio pesto. Il tipo della dogana ha detto che avrebbe anche cambiato dei soldi, ma solo dollari. Io avevo euro, pesos argentini, real brasiliani ma niente dollari. Intanto è arrivato l’autobus per Punta del Diablo. La sorte ha voluto che alla fermata ci fosse anche un francese, Tomas, che senza neanche che glielo chiedessi mi ha detto che mi avrebbe prestato i soldi: andava anche lui a Punta del Diablo. Fra l’altro il prezzo del pullman era di 51 pesos uruguaiani, ovvero solo due euro. Anche lui veniva dal Brasile e non aveva pesos, ma sul pullman ha conosciuto un’uruguayana che gli ha detto che a Punta del Diablo non ci sono banche, quindi gli ha cambiato in amicizia qualche soldo. Insomma, parlando in spagnolo col francese, un simpaticone, ho scoperto che anche lui è in viaggio per un anno. E’ di Pau, vicino ai Pirenei (Pau è un classico punto di arrivo delle tappe pirenaiche del Tour de France, il fatto che lo sapessi lo ha divertito). Siamo arrivati a Punta del Diablo un’ora dopo, all’alba. Il pullman ha fermato davanti alla casermina della polizia. Abbiamo chiesto al poliziotto se sapeva dove fosse l’ostello El Diablo Tranquilo, raccomandato dalla guida Lonely Planet, e ce lo ha indicato. Il problema è che in strada non c’era nessuno, eppoi strada per modo di dire. Punta del Diablo non ha strade asfaltate, solo sterrati. E’ veramente un posto remoto, un villaggio di pescatori che per la bellezza della spiaggia si sta lentamente trasformando in località turistica. Ma non è sviluppato, turisticamente. Non ci sono alberghi, solo casette, capanne, bungalow e affini. Un po’ come alcuni paesini della Sardegna 30 anni fa (guardate le foto su facebook, ne ho messe una trentina). Per botta di culo siamo arrivati all’ostello e per botta di culo c’era uno dello staff che si era appena alzato. Ci ha detto che era troppo presto per fare il check-in e ci ha detto di metterci a dormire sui divani dell’ingresso (ribadisco, erano le sei – splendida alba, fra l’altro, soleggiata ma fredda). Detto fatto. Un’ora dopo si sono alzati altri dello staff e ci hanno preparato i letti, in una camerata da otto (gli altri sei dormivano). Erano anni che non andavo in un ostello e devo dire che a parte che si spende pochissimo (53 dollari USA per tre notti) è forte perché ci sono un sacco di persone di ogni parte del mondo (qui c’erano australiani, neozelandesi, americani, canadesi, svedesi, brasiliani, cileni, irlandesi, ecc). Il fatto che dormi con altri nella stanza su letti a castello ogni tanto si può fare. I tre giorni successivi li ho passati in spiaggia fino a verso le 16, quanto puntualmente ha iniziato a piovere. Fra l’altro il primo giorno alla sera ha fatto proprio freddo, tanto che per la prima volta da quando sono in Sud America mi sono messo il maglione e questo mi ha fatto un attimo riflettere sull’opportunità di arrivare fino alla Tierra del Fuego o se invece fare il comodone ed evitare temperature basse bypassando il sud della Patagonia. Vedremo. In ogni caso alla sera ho offerto la cena al francese, perché se non mi avesse prestato i soldi non so come avrei risolto la faccenda. Devo anche affrontare il primo problema vero dalla partenza. Si è rotto lo schermo del cellulare cadendo, è tutto nero, e devo sperare di trovare, a Montevideo, dove vado domani, un negozio Nokia dove comprarne uno nuovo e trasferire numeri e dati da quello rotto (non sono solo i numeri, sono anche i codici della banca, i pin delle carte, ecc). Speriamo bene.
venerdì 10 dicembre 2010
Curitiba-Florianopolis-Porto Alegre
A Curitiba sono arrivato da Foz do Iguaçu, solo per fare tappa in vista di Florianopolis. Ho percorso in autobus praticamente tutto lo stato del Paranà da ovest a est. E per la strada non ho potuto non notare che il 90% delle imprese, delle ditte, delle fabbriche, dei negozi, sono di italiani. O per lo meno hanno nomi italiani. Andrea Ciacchi mi aveva spiegato che questo stato, una volta quasi disabitato a ovest per motivi militari (frontiera con Argentina e Paraguay) è stato popolato da coloni italiani e tedeschi provenienti dallo stato del Rio Grande do Sul. E si vede, pare che tutti gli italiani giunti nel Paranà abbiano aperto una qualche attività commerciale, mentre i tedeschi devono essersi dedicati all’agricoltura. Comunque di Curitiba c’è da dire che è la città brasiliana più pulita, ordinata e organizzata (lo dicono gli stessi brasiliani). Mentre generalmente le città che avevo visto finora hanno delle periferie brutte, sporche e cadenti, Curitiba ha viali alberati, marciapiedi senza crepe e buchi, palazzine carine, eccetera. Non so se dipenda dal governo, dalla gente che ci abita o altro, ma ho avuto una dimostrazione di tolleranza zero che dà un’idea dell’atteggiamento diverso. Ero alla stazione dei pullman in attesa di un taxi e un tipo si è avvicinato in macchina per scaricare un passeggero. La vigilessa, dal volto teutonico, si è avvicinata al finestrino e deve avergli detto: se ti fermi ti multo, qui non si parcheggia. Il tipo se n’è andato senza dire A. In altre città del Brasile l’atteggiamento è molto più “mediterraneo”, per quanto riguarda queste infrazioni. Da Curitiba sono andato, sempre in pullman, a Florianopolis, ma purtroppo il tempo non mi è stato amico. Dei quattro giorni che ci ho passato, non ha piovuto solo per poche ore. La prima notte l’ho passata in un hotel moderno e attrezzatissimo (wi-fi, pay-tv, ecc) vicinissimo alla stazione dei pullman. Sono uscito per cena e sono andato al quartiere del vecchio mercato municipale. Ho avuto la fortuna di capitare nella giornata nazionale del samba, e nella piazza del mercato c’era uno spettacolo di samba all’aperto con una decina di gruppi che si sono succeduti sul palco. Il pubblico (Florianopolis è molto bianca, ma c’erano diversi afro-brasiliani) conosceva tutte le canzoni, parola per parola, e ballava e cantava, beveva birra e mangiava. Mi sono goduto lo spettacolo per un’ora, ho mangiato un panino e bevuto una birra e sono tornato in albergo. Il giorno dopo mi sono visto con un’amica della mia collega brasiliana alla SBS, che mi aveva dato i suoi contatti. Si chiama Marta, è di origine tedesca e fa l’architetto. Era con un amico-cliente neozelandese, Ian. Siamo andati a fare un giro verso Lagoa da Conceiçao, la parte turistica dell’isola (Florianopolis è su un’isola grande metà della Corsica con decine di spiagge bianche) e a mangiare (pesce). Poi Ian è andato via e Marta mi ha lasciato ad una pousada (pensione) a Lagoa da Conceiçao. I due giorni successivi li ho passati a guardare la televisione, perché ha piovuto quasi ininterrottamente… L’ultima sera siamo andati a cena insieme e c’era anche una coppia di suoi amici, Silvia, di Porto Alegre, lì per il weekend, e Mario. Per farla breve, Silvia mi ha invitato a casa sua a Porto Alegre, una tappa che pensavo di fare in fretta. Per finire la serata Marta ci ha portato tutti ad un locale sulla spiaggia dove c’era un gruppo di samba e choro che suonava dal vivo. Nel pubblico c’erano giovani e meno giovani. La cosa è che in Brasile anche i giovani apprezzano la “musica popolare”; in un certo senso samba e choro sono un po’ come tarantella e liscio, ma di giovani italiani che ballano questi stili non ne conosco. Ho bevuto una bella caipirinha e poi a nanna. Il giorno dopo sono arrivato a Porto Alegre, la grande città più a sud del Brasile, dove quasi tutti sono di origine tedesca o italiana (o Europa dell’est). I romanisti la conoscono come la città di Falcao, ma ci è nato anche Ronaldinho. Silvia, che vive col figlio 13enne molto preso dai videogiochi, è stata molto ospitale e io l’ho ripagata facendo una pasta al ragù alla bolognese da leccarsi i baffi. Ho anche scoperto, comprando gli ingredienti, che le erbe e le verdure in Brasile hanno nomi completamente diversi dai nostri. Ad esempio sedano si dice aipo, rosmarino alecrim, carota senoura, eccetera. Il giorno seguente ho fatto un tour della zona sud della città, la parte più bella, sulla riva del lago Guaiba, e la guida ci ha anche portato davanti all’entrata della casa di Ronaldinho. Dico entrata perché pare che la casa sia immensa e solo la guardiola del portiere è grande quanto una casa normale. Ho girato anche il centro storico. Porto Alegre è una città relativamente moderna, ma ha alcuni edifici con un’architettura interessante. Alle 21 partenza, sempre in pullman, per l’Uruguay, dove sono ora.
giovedì 2 dicembre 2010
Ciudad del Este - Paraguay
Foz do Iguaçu, in Brasile, e´al confine con Argentina e Paraguay, li divide il fiume Parana´. A Foz ci sono le famose cascate piu´spettacolari del mondo (posso confermare, guardate le foto su facebook) e l´Universita´ latino americana, dove lavora Andrea Ciacchi (per i non amicissimi, Andrea era al mio liceo di Roma, il Socrate, un anno avanti a me, e ora fa il professore di antropologia qui in Brasile). In Argentina siamo andati a pranzare, il paesino di Puerto Iguazu e´a pochi chilometri, si passa la frontiera con una certa tranquillita´. I brasilani vanno in Argentina per spendere di meno, fare il pieno di benzina e mangiare bene. In Paraguay, invece, ci vanno per fare la spesa. Ciudad del Este, seconda citta´del Paraguay, e´dall´altra parte del ponte sul Parana´, un ponte che si chiama dell´amicizia. In pratica sei in Brasile a Testaccio e sei in Paraguay a Porta Portese. L´esempio Porta Portese non e´causale. Ciudad del Este e´una sorta di Napoli del Sud America. Ci sono solo (nella parte che ho visto io, quella subito dopo il ponte) negozi, negozietti e negoziucci, bancarelle e venditori letteralmente ambulanti che ti vendono di tutto. Immaginate versioni un po´ squallide dei nostri centri commerciali (senza fontane, panchine, ampie sale, atri) circondate da bancarelle alla Porta Portese. Tutto questo per diversi isolati. Pare che sia porto franco, quindi per questo vendono cose altrove costose (cellulari, hi-fi, tv, ipod, ipad, computer, eccetera) a prezzi bassi per i brasiliani e gli argentini. Ma vendono anche le cose alla Porta Portese: cinte, calzini, mutande, cd e dvd fasulli, bigiotteria, aranciata-birra-coca e altro. Pensate che una ditta che fa prodotti hi-fi imitati si chiama... Napoli!!!! Purtroppo non ci sono le etichette coi prezzi, quindi uno deve contrattare e a me in realta´non serviva nulla, ero solo venuto a vedere, quindi non ho neanche chiesto i prezzi di ipod ecc. Non essendoci un posto per riposarsi o fare un break (almeno io non l´ho trovato) dopo due ore non ce la facevo piu´ di essere circondato da un caos portaportese/napoli/casbah e avvicinato da centinaia di venditori ambulanti, quindi ho preso un taxi e me ne sono tornato in albergo in Brasile. Sara´che ormai sto diventando australiano, ma queste situazioni di caos non le sopporto piu´.
Comunque questa situazione di ´´contrabbando legalizzato´´ determina il fatto che il ponte e´sempre intasato di gente che a piedi, in moto, in macchina, in pullman o in taxi va e viene dal Brasile per comprare roba. E, come mi ha spiegato Andrea, e´nato anche il fenomeno sociale dei sacoleiros (da sacola: borsa di plastica): e´gente che regolarmente compra roba in Paraguay e la rivende in Brasile ai limiti della legalita´. Perche´lo annoto? Perche´nel pullman che ho preso il giorno dopo per Curitiba, dove sono adesso, c´erano vari sacoleiros e la polizia fema sempre i pullman che vengono da Foz do Iguaçu. Quindi, come da copione, poco prima di Curitiba il pullman e´stato fermato e perquisito, sia nella stiva sia nell´abitacolo, da poliziotti armati fino ai denti, provocando un´ora di ritardo. In questa occasione non hanno trovato nulla di illegale. Comunque sono arrivato a Curitiba alle 11 di sera e ho trovato un alberghetto vicino alla stazione dei pullman: Hotel Roma... Tutto okay (20 euro) a parte il fatto che non c´era acqua calda e quindi per la prima volta in non so quanti anni (spiagge escluse) mi sono fatto la doccia fredda. Ora sono di nuovo alla stazione dei pullman e sto per prendere il pullman per Florianopolis, secondo i brasiliani la piu´bella localita´ di mare del sud del Brasile. Vedremo.
Comunque questa situazione di ´´contrabbando legalizzato´´ determina il fatto che il ponte e´sempre intasato di gente che a piedi, in moto, in macchina, in pullman o in taxi va e viene dal Brasile per comprare roba. E, come mi ha spiegato Andrea, e´nato anche il fenomeno sociale dei sacoleiros (da sacola: borsa di plastica): e´gente che regolarmente compra roba in Paraguay e la rivende in Brasile ai limiti della legalita´. Perche´lo annoto? Perche´nel pullman che ho preso il giorno dopo per Curitiba, dove sono adesso, c´erano vari sacoleiros e la polizia fema sempre i pullman che vengono da Foz do Iguaçu. Quindi, come da copione, poco prima di Curitiba il pullman e´stato fermato e perquisito, sia nella stiva sia nell´abitacolo, da poliziotti armati fino ai denti, provocando un´ora di ritardo. In questa occasione non hanno trovato nulla di illegale. Comunque sono arrivato a Curitiba alle 11 di sera e ho trovato un alberghetto vicino alla stazione dei pullman: Hotel Roma... Tutto okay (20 euro) a parte il fatto che non c´era acqua calda e quindi per la prima volta in non so quanti anni (spiagge escluse) mi sono fatto la doccia fredda. Ora sono di nuovo alla stazione dei pullman e sto per prendere il pullman per Florianopolis, secondo i brasiliani la piu´bella localita´ di mare del sud del Brasile. Vedremo.
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